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Diaspora: il social network in cui la divisione fa la forza

Nato nel 2010 grazie all’idea di 4 studenti della New York University che si sono finanziati su Kickstarter, Diaspora è un social network diverso dagli altri: la sua infrastruttura ed i valori che motivano le scelte della comunità che lo sta sviluppando sono quanto di meglio possiamo desiderare per tutelare la nostra privacy, senza rinunciare ad essere più ‘social’ che mai.

http://diasporaproject.org/

La pagina iniziale di Diaspora

Diaspora si prefigge come primo obiettivo quello di decentralizzare i dati dei suoi utenti (da qui il nome). Lo scopo è quello di non essere una fonte di dati -ai quali qualcuno ambisce minacciando la nostra privacy- e di affidare il controllo di questi agli utenti. Dunque in Diaspora l’utente diventa parte attiva del proprio data management e quindi ha bisogno di certi servizi.  Pertanto la prima cosa che occorre per registrarsi è avere un Pod. Già… ma cos’è un Pod?

Un'altro screenshot di Diaspora che esalta la possibilità di essere proprietari dei propri dati

Un’altro screenshot di Diaspora che esalta la possibilità di essere proprietari dei propri dati

Il Pod (ossia baccello) è un server sul quale gira il software libero Diaspora che ospiterà i nostri dati. Ogni utente può crearne uno proprio (sul suo stesso pc) ed essere così il proprietario dei suoi dati -che gestirà e diffonderà come meglio crede- oppure, se non è in grado di farlo, può utilizzarne uno pubblico scegliendolo da apposite liste proposte al momento della registrazione ed anche altrove. Questi server poi comunicheranno tra loro tramite criptando i pacchetti con GPG anch’esso software libero.

L’insieme dei dati di ogni singolo utente prende il nome di Seed. A questo punto diventa molto chiara l’analogia con il mondo vegetale: tutti i dati di un utente (il Seed, seme) risiedono nel baccello (il Pod) da soli o insieme ai Seed di altri utenti. In seguito sarà anche possibile trasferire il proprio Seed da un Pod in un altro ed esportarlo per utilizzarlo in altri ambiti.

Altre features di Diaspora simili a quelle di altri social network

Altre features di Diaspora simili a quelle di altri social network che dunque non citeremo

Per riempire il nostro Seed si procede normalmente come avviene negli altri social network: si inseriscono un nome utente ed una password, il tutto associato al nostro indirizzo e-mail ed il gioco è fatto, anche perché nel caso volessimo inserire ulteriori informazioni sul nostro conto (come immagine del profilo, data di nascita ecc.) Diaspora ci proporrà di sincronizzarlo con la nostra pagina su altri social network, traendone le info desiderate e collegando i due account. Non mi dilungo oltre perché esiste già un ottimo tutorial chiamato Diasporial che potete consultare liberamente.

Alla tutela della privacy volge anche un’altra feature di Diaspora: gli Aspects. Questi ‘aspetti’ servono ad organizzare i nostri contatti in base ad un certo criterio (famiglia, amici, lavoro) ed offrono la possibilità di differenziare il modo in cui postiamo dei contenuti (che non siano pubblici) e come questi vengano visualizzati da ogni singolo gruppo, in maniera efficente.

Ecco come si presenta la nostra pagina su Diaspora. In particolare sulla sinistra potete notare i diversi 'aspetti'

Ecco come si presenta la nostra pagina su Diaspora. In particolare sulla sinistra potete notare i diversi ‘aspetti’

Diaspora dunque presenta delle importanti novità dal punto di vista della filosofia di sviluppo di un social network. Ci sarebbe ancora molto da dire, troppo per un solo post, perchè abbiamo trattato solo il lato della privacy dell’utente, soffermandoci sui concetti ai quali non eravamo stati abituati dagli altri social network, e non del lato developers e  podmins (coloro che gestiscono i Pod). Vi invito pertanto a visitare le pagine wiki di Diaspora dove potrete fugare ogni dubbio circa il suo utilizzo e comprendere il lavoro che svolge la sua community e, perchè no, contribuirvi.

Autore: Tommaso Tondo [ @Tomm_Yz ]

Informazione, rapidità, sintesi, efficenza: in una parola Twitter!

Oggi ci occuperemo di Twitter. Non ci soffermeremo sulle sue caratteristiche ‘storiche’ già pienamente esposte altrove e nemmeno su come utilizzarlo operativamente, in quanto ci sono già delle risorse esaustive che potete consultare liberamente. Tratteremo, invece, di alcune features e caratteristiche del social network che sono fondamentali ma meno immediate.

Il logo di twitter

La prima è l’unidirezionalità: questa caratteristica permette di agevolare la comunicazione. Infatti grazie ad essa, possiamo scegliere di seguire un utente ed iniziare immediatamente a ricevere i suoi tweet -che sono la componente principale di cui si costituisce l’informazione su Twitter– ed a visualizzarne il profilo (che qui è però secondario). Se poi quest’utente -di cui siamo diventati follower- decide di seguirci a sua volta, si aggiungeranno altre funzionalità, come ad esempio la possibilità di scambiarsi messaggi diretti.

Unidirezionalità: un utente ne segue un altro e senza aver chiesto il permesso ne legge i tweet

Unidirezionalità: un utente ne segue un altro e senza aver chiesto il permesso ne legge i tweet. By Tommaso Tondo

Twitter è sinonimo di 140 caratteri (si, centoquaranta): l’utente è obbligato a scrivere messaggi, sia come tweet sia diretti, utilizzando al più 140 battute.  Ciò giova sicuramente alla semplcità del tweet e secondo me anche alla sua efficacia poiché nel ricercare la sintesi di ciò che vogliamo esprimere, capiremo meglio quali informazioni vogliamo comunicare per forza e quali possiamo tralasciare; in meno di 140 caratteri: curiamo di più il messaggio.

Limite dei 140 caratteri. Fonte: tweetBlog

Limite dei 140 caratteri. Fonte: tweetBlog

Account verificati: se vi siete chiesti cosa siano quelle strane nuvolette con dentro un segno di spunta accanto al nome di un profilo Twitter, allora non conoscete questa feature. Come è accaduto (solo di recente) su altri social network, anche su Twitter alcuni account ricevono un ‘Badge’: il simbolo, già introdotto,  determina ufficialmente l’autenticità del profilo ossia dimostra che esso corrisponda effettivamente a ciò che vuole rappresentare.

Il simbolo del badge

Il simbolo del badge

Su Twitter si interagisce con molte persone, per questo potrebbe essere utile gestire gli utenti che seguiamo –e di conseguenza i loro tweet- tramite le cosiddette Liste. Queste, una volta create in base al criterio che preferiamo, servono a raccogliere i tweet degli ‘utenti listati’ nello stesso posto. Attenzione però: funziona in sola lettura, nel senso che non possiamo usarle per inviare messaggi ad un gruppo di utenti.

Grazie a queste e molte altre funzionalità, Twitter è divenuto un mezzo d’informazione verticale che raggiunge chiunque ed ovunque e potremmo dire, senza esagerare troppo, che sia diventato la prima fonte di notizie in tempo reale, tanto da essere considerato spesso più attendibile di quanto non sia in realtà.

Autore: Tommaso Tondo [@Tommyz]

Graph Search: il motore di ricerca sociale

Nel gennaio 2013, Mark Zuckerberg in persona ha presentato un’importante funzione che va a modificare in modo efficace la ricerca dei contenuti attraverso la piattaforma in blu. Grap Search, il motore di ricerca semantico di Facebook – come lo definisce Wikipedia -, è uno strumento che altera in modo radicale la sintassi con la quale abbiamo da sempre effettuato ricerche tramite, per esempio, Google o Bing.

Graph-Search

L’idea trainante è quella di ampliare i confini di ricerca sociale: si possono cercare, per esempio – come cita Wired – le foto degli amici o, ancora di più, le foto degli amici scattate in un posto, i posti che piacciono ai miei amici oppure trovare cosa fanno, amano, guardano, mangiano. Graph search, dal mio punto di vista, si propone di superare la barriera tra l’uomo e la macchina: rendere le ricerche più amichevoli, e di farlo con un linguaggio più dialogico e naturale.

 

Il nuovo motore di ricerca tutela, inoltre, le condizioni di privacy che sono state adottate dagli utenti quando hanno pubblicato qualcosa sulla piattaforma. Se, per esempio, ho pubblicato una foto e ho impostato la privacy in modo che questa sia visibile ai soli miei amici, saranno solo loro a poterla visualizzare tra i risultati di ricerca ottenuti con Graph Search, e nessun’altro sarà in grado di visualizzarla.

Facebook inc. ha, inoltre, reso disponibile sin da subito supporto agli sviluppatori con Open Graph. Quest’ultimo – come descrive Wikipedia – permette di integrare le loro applicazioni e le pagine con la piattaforma di Facebook, e collegare Facebook con siti esterni su Internet. Un modo, insomma, per ampliare e dare credibilità al nuovo prodotto.

E in futuro – come cita FourthSource – non si esclude la possibilità che saranno introdotte le inserzioni pubblicitarie tra i risultati di ricerca. Facebook non puo’ non pensare a questa implementazione, in quanto gli utili della piattaforma vengono generati proprio tramite advertisement.

Giuseppe Canto

Università online: vale come le altre?

Negli ultimi decenni lo sviluppo delle tecnologie hanno cambiato molti aspetti della nostra vita. Uno di questi è sicuramente l’educazione. In particolare lo sviluppo e la diffusione dei mezzi di comunicazione ha portato alla nascita delle università online.

laurea-online

Le università online, note anche come università telematiche, come viene spiegato su Voce Arancio, sono atenei che sfruttano le potenzialità di internet per mettere a disposizione di studenti che non possono seguire i corsi tradizionali gli strumenti per farlo da casa, tramite videolezioni fruibili in qualsiasi momento dal proprio computer. Le università telematiche sono dunque principalmente rivolte a studenti-lavoratori, madri, e in generale a tutti coloro che non possono, per motivi di tempo o di distanza, seguire direttamente in aula i corsi.

I vantaggi di iscriversi a un corso di formazione a distanza sono sicuramente molteplici e si possono leggere su ogni sito dedicato: iscrizioni e segreterie sempre aperte, lezioni visualizzabili 24 ore al giorno, tutori che accompagnano nel percorso formativo…insomma una vera manna dal cielo per chi vuole laurearsi ma non ha la possibilità di seguire in aula. Ma..

asino_e_secchione

Eh sì c’è un ma. Perchè per quanto sia nobile l’idea di dare a tutti, anche a chi ha problemi  di spostamento o di tempo, la possibilità di laurearsi, come in tutte le cose si sono sviluppati grandi interessi e, inutile dirlo, un mercato non proprio legale di lauree. Come già tre anni fa avvertiva laRepubblica.it, infatti, spesso le università telematiche sono divenute vere e proprie scorciatoie per ottenere una laurea in breve tempo e sfruttarla poi nei concorsi pubblici. Da allora le cose non sembrano essere cambiate di molto.

Si è venuta diffondendo l’idea che fare un percorso di laurea a distanza corrisponda più o meno a pagare e aspettare la laurea, e sono diverse le università telematiche che appoggiano quest’idea. Come spiegato su Tom’s Hardware, “ovviamente non tutte le lauree online sono poco serie, ma è evidente che gli atenei meno fiscali sulla didattica e i crediti formativi riscuotono maggiore successo”.

Ciò ha, ovviamente, ricadute negative in ambito lavorativo per chi, invece, la laurea a distanza se l’è guadagnata con studio serio. Soprattutto in questi tempi di crisi, in cui è difficile per chiunque trovare lavoro, i datori guardano, oltre che la votazione finale, l’ateneo di appartenenza, e venire da un percorso telematico potrebbe essere penalizzante.

studente al pc

La soluzione che consiglio per evitare di venir penalizzati è quella di controllare costantemente quali percorsi a distanza siano accettati dal MIUR (Info Laurea Online, oltre contenere svariate informazioni utili, ne presenta una lista), appoggiarsi preferibilmente a università tradizionali che presentino anche un’alternativa “a distanza”, oltre che fare sempre svariate ricerche su internet, chiedendo a chi ha già avuto esperienza. E se, una volta iscritti, vedete che passate gli esami con medie alte con pochissimo sforzo ponetevi delle domande!

Per chi, invece, fosse perplesso circa l’efficacia di seguire un corso a distanza posso riportarvi l’esperienza che ho avuto. Il Politecnico di Torino da la possibilità, almeno per le materie del primo anno, di vedere le video lezioni, precedentemente registrate per gli studenti da casa, anche agli studenti frequentanti in sede.

Ho provato a seguire un corso e queste sono le sensazioni che ho avuto: seguire telematicamente porta ad avere un maggior numero di distrazioni ed è facile, sapendo di averle sempre a disposizione, cadere nella tentazione di procrastinare la visione delle lezioni. Potendo scegliere, preferisco una tradizionale lezione in aula. Detto ciò, però, posso garantire che la qualità degli insegnamenti era assolutamente pari e se mi trovassi in condizioni di impossibilità a seguire in sede, preferirei mille volte seguire i corsi online che abbandonare il mio percorso di studi, avendo la tranquillità di ottenere un titolo riconosciuto.

(Per informazioni circa il servizio del Politecnico di Torino : Poli@Home)

Autrice: Cristiana Traman

Qzone: il social network dagli occhi a mandorla

Mi sono imbattuto, navigando il web, in questo social network made in China. È scritto completamente in ideogrammi cinesi ed è quindi molto difficile utilizzarlo per coloro che non li conoscono, ma nonostante ciò ho deciso di effettuare delle ricerche ed alcuni risultati sono stati davvero sorprendenti: È quasi sconosciuto in occidente ma è molto diffuso, specialmente in Asia ed è quindi molto utile per le aziende che hanno interessi in quel mercato.

logo_qzone

Il logo di Qzone

Inutile sottolineare che QQ空间 (cioè qzone in cinese han semplificato)  è diffuso principalmente in oriente. Molto interessante è invece osservare il suo tasso di crescita ed il suo numero di utenti: infatti nel 2009, stando a questo report, questo SNS mono-linguistico (lanciato nel 2005) aveva raggiunto, dopo soli 4 anni, 200 milioni di utenti lasciandone dietro i 175 milioni di Facebook (che era disponibile in 70 lingue ed era stato lanciato nel 2004) e quelli di MySpace (anch’esso multilingue e lanciato addirittura nel 2003). Alla faccia del digital divide!

A livello mondiale la situazione è poi mutata certo, oggi è Facebook il leader quasi in ogni nazione, ma non in Cina dove alcune tabelle mostrano che nel 2011 il primo sito più visitato è Qzone mentre il social network di Palo Alto è solo al 16esimo posto. Inoltre, come si evince in quest’articolo, nel 2012 Qzone fa registrare all’attivo 603 milioni di utenti le cui visite formano il 45,4% del totale uso dei social media in Cina. (Tra l’altro è interessantissimo notare come i paesi a non avere come ‘social network di Stato’ Facebook siano proprio Cina, Russia, e Iran ma tale tema esula da questo post).

La schermata di accesso a Qzone

La schermata di accesso a Qzone

Tornando a noi, oggi l’agenzia Alexa, che si occupa di collezionare ed analizzare i dati relativi all’utilizzo di un sito web nel mondo, riporta che il 9° sito nell’Alexa Traffic Ranks (basato sugli ultimi 2 mesi ed a livello globale) è qq.com il quale rimanda a Qzone ed a I’m QQ (l’altro prodotto di punta by Tencent, oltre al SNS) che è il servizio di messaggistica più usato in cina.

Qzone merita sicuramente più attenzione dal mondo occidentale, dove è quasi sconosciuto, e può senz’altro rappresentare lo strumento (soprattutto per le aziende) atto a sfruttare tutta la potenza dei social network nella tradizionalista Cina, che oggi ricopre un ruolo chiave nell’economia e sta diventando non solo interessante per la produzione, ma anche come bacino di potenziali consumatori, che dimostrano essere molto influenzati dai social media.

By Tommaso Tondo [@Tomm_Yz]

Social media: il parere dell’esperto

Con la diffusione dei social network anche le aziende e gli enti si sono immersi nel mondo digitale delle reti sociali così da garantire maggiore visibilità a ciò che essi rappresentano e col fine di generare un dialogo con i propri utenti, o che si voglia, clienti. Per approfondire in modo diretto e pragmatico questo argomento ho pensato di fare un intervista a Giuliano Ambrosio, affermato freelance.

Julius si definisce un creative strategist, in quanto offre consulenza creativa ad aziende ed agenzie dal punto di vista della comunicazione web e si occupa di strategie di marketing in campo Digital e Social Media. Pur essendo giovane è riuscito, con la sua passione nel web, nel design, nella comunicazione e nel marketing ad emergere ed affermarsi come libero professionista.

julius-design-giuliano-ambrosio

Cosa pensi dei social media e quanto è importante il social media marketing per le aziende?

Le attività di Social Media Marketing sono molto importanti in quanto permettono di far attirare e attivare la propria community di appassionati ai nostri servizi in modo proattivo. Ogni Azienda deve capire esattamente quali canali presidiare, e massimizzare la propria comunicazione su quelli in modo originale, costruttivo e intelligente. I Social Media sono delle piazze pubbliche in cui è necessario saper parlare, ascoltare e agire, non è un senso unico ma una condivisione di idee e riflessioni.

In questo esatto periodo storico il social network d’eccellenza è Facebook, e li dove le persone si incontrano, parlano, condividono e quindi anche un Brand ha la possibilità di intercettare in modo naturale e profilato potenziali appassionati/consumer/creatori interessati.

Tu, ad esempio, nel tuo lavoro quanto ed in che modo usi i social network per promuovere la tua attività?

Io uso i Social Media in modo intelligente, professionale ed efficace per aumentare la mia visibilità e personal brand. Questi canali possono essere presidiati e utilizzati in modo efficace, e quindi non solo in modo ludico, infatti anche un Brand utilizza questi canali per promuovere le proprie attività e la propria identità con lo scopo di creare una comunità appassionata a ciò che si condivide.

I canali che utilizzo mi sono serviti molto per ascoltare il mio pubblico e intercettare clienti, infatti sono dell’idea che oggi rispetto a 5 o 8 anni fa è molto più facile mostrare il proprio talento ed emergere dalla massa. Se ci pensiamo, entrare in contatto con un brand o mettersi in evidenza era davvero dura, oggi invece anche grazie all’evoluzione di queste piattaforme sociali non è poi cosi difficile farsi notare.

Il tuo sito web juliusdesign.net è un blog pieno di contenuti. Come è nato? Grazie ad esso sei riuscito a trovare un pubblico? Quanto pensi sia importante avere un blog?

Il mio blog è nato nel 2007 in cui ho iniziato a condividere tutorial e guide di quello che mi appassionava fare, design, web, social media ecc. Senza saperlo stavo costruendo il mio personal brand ma non me ne ero ancora accorto.

Ogni articolo porta con se un insegnamento che ogni giorno cerco di condividere, che sia di ispirazione o sia più tecnico non importa, sono tante pillole da poter assimilare per la propria creatività. Questi contenuti mi hanno dato la grande fortuna di emergere dalla massa e attirare molti clienti con i fatti concreti, guide, tutorial, esperimenti, progetti personali tanto che dal 2007 non ho mai cercato clienti direttamente ma sono sempre arrivati loro grazie al mio lavoro sul blog e social media.

Avere un blog ti permette di rimanere aggiornato in modo più preciso, in quanto dovendo scrivere articoli per i tuoi lettori, diventa una esigenza molto sentita, e inoltre come dicevo prima è uno strumento molto potente per mostrare le proprie capacità in modo diretto.

Quando si tratta di social network, secondo te, e’ più giusto non nascondersi, esprimersi liberamente, e dare agli altri la veritiera immagine di sè? O è più giusto che sia un limite tra ciò che uno scrive e ciò che uno pensa?

Se parliamo per un BRAND ovviamente dobbiamo essere sempre più onesti possibili e quindi rispecchiare anche nella comunicazione i valori e passioni del brand, mentre se usiamo i social media per promuovere la nostra persona come freelance ad esempio, io consiglio sempre di non esagerare a condividere contenuti che possano essere travisati da potenziali collaboratori o clienti.

Un’attenzione generale sui contenuti condivisi deve esserci, ma sicuramente non dobbiamo mostrare sui social un’identità diversa dalla nostra, in quanto potrebbe essere molto controproducente.

Giuseppe Canto

SPECIALE Google I/O 2013: Google Hangouts

In questi giorni, a partire dal 15 Maggio, Google è impegnata con l’annuale conferenza Google I/O con la quale presenta le ultime novità e invita tantissimi sviluppatori a credere e a sviluppare per i prodotti targati bigG. Da poche ore è stata presentato il nuovo sistema unificato di messaggistica: un servizio che ingloba Google Talk, Google+ Messenger, chat di Gmail. Il suo nome è Google Hangouts. Con Hangouts, Google offre uno strumento che favorisce la conversazione tra due o più utenti, garantendo così nuove strade sociali sul web. 

google-plus-hangouts

Google I/O è una conferenza che la Google organizza ogni anno per portare sul mercato e ai propri utenti nuovi prodotti (si ricordi che lo scorso anno sono stati presentati i Google Glass), presenta nuove features o restyling per i propri servizi. E i servizi stessi diventano, anno dopo anno, sempre più cloud così da inseguire l’odierna e sempre più diffusa tendenza di collegarsi in mobilità grazie alla diffusione di smartphone, tablet e altro… 

Quest’anno durante la prima giornata è stato presentato Google Hangouts. Integrato nel social network Google+, Hangouts permette di inviare messaggi, condividere foto, effettuare videochiamate gratuite, e consente di farlo tra due persone o con un gruppo di amici. Ma non finisce qui: si possono scattare foto durante le videochiamate e si può condividere lo schermo del proprio pc quando si ha bisogno di supporto da qualcuno. (Fonte: WebNews) 

ll nuovo sistema di messaggistica targato bigG offre quindi un servizio completo che garantisce agli utenti Google di tenersi sempre in contatto. Dal punto di vista sociale Hangouts rafforza le conversazioni o la condivisione di foto tra persone. Amplia la rete sociale e sostiene il nostro modo di comunicare con gli altri tramite internet. 

 

Google Hangouts è disponibile per computer e dispositivi mobili come smartphone e tablet sia che abbiamo sistema operativo Android che iOS. Quindi, si affaccia ad un bacino di utenza piuttosto ampio, e permette così a tutti di rimanere in contatto, senza escludere nessuno.

Giuseppe Canto

Cerchi lavoro? Fallo dai tuoi social network preferiti

Con un mercato del lavoro sempre più instabile e scarsa offerta, i giovani stanno imparando a sfruttare internet per trovare un’occupazione. Oltre ai tradizionali siti di annunci di lavoro, anche i social network vengono incontro alle esigenze lavorative dei giorni nostri, dedicando sempre più ampi spazi al mondo del lavoro; vediamo i principali.

ricerca-lavoro-online

Linkedin: il social network dedicato al mondo del lavoro ha compito dieci anni solo pochi giorni fa. È dunque il social network più anziano tra quelli attualmente attivi. Nato, come recita La Stampa, un anno prima di Facebook e tre prima di Twitter, ad oggi conta 225 milioni di iscritti, di cui 4 milioni solo  in Italia. Inizialmente utilizzato per posizioni di lavoro altamente professionali, il suo utilizzo si sta espandendo anche a campi quali ristorazione, abbigliamento, animazione e molto altro.

Linkedin si basa sulla rete di conoscenze che ciascun utente può sviluppare invitando le persone con cui ha già lavorato. I rischi maggiori nell’usarlo sono, come mette in guardia Corriere della Sera,quello di vedersi recapitati inviti che non portano a nessuna posizione di lavoro. Per evitare spiacevoli situazioni e perdita di tempo, è fondamentale ricordare la funzione del social network e non ampliare le cerchie di conoscenti anche in ambiti non pertinenti alle proprie qualifiche.

Facebook: come annuncia il sole 24 ORE, il social network  tra un mese lancerà una bacheca dedicata alle richieste di carattere professionale. Già nel 2011, come spiega lo stesso articolo, Facebook aveva lanciato l’applicazione  Branchout, anch’essa dedicata al mondo del lavoro.

La precendente applicazione era sostanzialmente divisa in tre sezioni: una dedicata al tuo curriculum, aggiornata dalle informazioni ricavate in automatico da Facebook e da Linkedin, una per vedere dove lavorano i propri amici e una per leggere e pubblicare le offerte di lavoro.

Twitter: il social network dei cinguettii potrebbe sembrare il meno adatto a cercare un lavoro, invece no. Si sta infatti diffondendo a macchia d’olio l’ultima tendenza in ambito lavorativo made in USA, #tewsume. Come spiega su Daily wired Lorenzo Fantoni, l’hastag, il cui nome deriva dall’unione delle parole Tweet e Resume, viene utilizzato dagli utenti per sintetizzare il proprio CV in 140 e indirizzarlo alle aziende di lavoro, sfruttando anche la potenza del retweet.

Al momento gli ambiti professionali che sembrano interessati a utilizzarlo sono comunicazione e social media, ma chissà che l’utilizzo dell’hastag non venga sfruttato anche da aziende operanti in altri campi.

Una interessante moda legata al rapporto lavoro-social network è quella dei videocurriculum, l’idea, cioè, di caricare un video in cui ci si presenta, spiegando le proprie competenze e le esperienze pregresse .

Autrice: Cristiana Traman

Netiquette: come ci si comporta online

Come in ogni comunità che si rispetti anche in quelle sul web esistono delle piccole regole comportamentali. Queste valgono in generale per mail, forum, social network ecc. ed offrono molteplici vantaggi: non solo migliorano l’esperienza di navigazione di ciascun utente, ma (se conosciute) servono anche a rendere più efficiente la comunicazione tra loro.

Netiquette

L’etimologia della parola Netiquette by Tomm_YZ

Alcune di queste ‘consuetudini’ derivano semplicemente dal buon senso: rispettare la privacy degli altri utenti, ad esempio non pubblicando messaggi che abbiamo ricevuto in forma privata, comunicare in maniera completa ma sintetica (favorendo così la comprensione del messaggio al suo destinatario) e cercare di documentarsi prima di porre domande ridondanti agli altri, sono tre semplici esempi di comportamenti sensati ed apprezzati sul web.

In altri casi più specifici, invece, occorre conoscere il significato che certe scelte possono attribuire al messaggio che vogliamo esprimere: scegliere di scrivere qualcosa in maiuscolo, ad esempio, fa si che il lettore di quel messaggio percepisca una sensazione di rabbia in esso (come se gli stessimo urlando in faccia) anche se magari non era nelle nostre intenzioni.

Alcuni dei comportamenti non graditi sul web, poi, sono così comuni da diventare veri e propri fenomeni. Vi è mai capitato di cercare delle informazioni tramite un motore di ricerca e di scorgere dei duplicati tra i risultati proposti? Se si, siete stati anche voi vittime del cross-posting che consiste nel postare delle copie esatte di post, commenti ecc. in posti diversi. Vi sarete resi conto, per esperienza diretta, di quanto sia irritante.

Rimanendo nell’ambito dell‘anti-netiquette bisogna citare fenomeni come il flaming, ossia la pura provocazione degli atri utenti ed il sockpuppet, la creazione di utenti fasulli da utilizzare a proprio vantaggio in una discussione. Evitare tali comportamenti permette di non essere ‘sanzionati’ alla maniera del web, cioè essere bannati (ossia l’interdizione definitiva all’accesso ad una risorsa online) o, nei casi meno gravi, di ricevere un bel kick (un allontanamento temporaneo). Non vorrete mica essere etichettati come troll!

Nonna papera

Immagine tratta dalla sua Fan Page su Facebook

Un’altro accorgimento che spesso viene consigliato è la Regola della nonna che consiste nel chiedersi, prima di pubblicare qualcosa, se quel contenuto possa turbare, scandalizzare, la propria nonna al fine di evitare che succeda con altri utenti sul web. In altre parole, occorre fare uno sforzo per immedesimarsi negli altri nel momento in cui si confronteranno con i nostri contenuti. Come ulteriore approfondimento, mi permetto di segnalarvi questa pagina, parte di un libro intitolato “L’umanità dell’internet” (disponibile gratuitamente online) in cui vengono proposti consigli specifici su come rispettare la netiquette.

Tommaso Tondo [@Tomm_Yz]

Privacy: dobbiamo imparare a tutelarla anche online

“Who has your back?” (Chi ti guarda le spalle?). Si intitola così l’indagine pubblicata pochi giorni fa da EFF (Electronic Frontier Foundation). Per il terzo anno di fila, i ricercatori si sono occupati di scoprire quali, tra le principali compagnie digitali, proteggessero meglio i dati degli utenti americani rispetto ad un possibile accesso da parte del governo statunitense.

Nonostante i risultati siano stati (almeno per alcune aziende) più rassicuranti rispetto a quelli 2012, è chiaro che siamo ancora ben lontani dall’avere una completa sicurezza circa la tutela dei nostri dati.

EFF-Who-Has-Your-Back

Risultati dell’analisi EFF

L’indagine ha riportato all’attenzione un tema di fondamentale importanza : la privacy su internet. Tema recentemente al centro di polemiche e discussioni, in particolare per quanto riguarda i social network, il cui costante utilizzo da parte degli utenti fa sì che rappresentino un enorme database di dati che, correttamente interpretati, forniscono informazioni sempre più dettagliate sulla vita delle persone (un esempio esplicito sono le informazioni che si possono ricavare semplicemente dai “mi piace” su Facebook: L’huffington Post riporta il caso di Matt, di cui Facebook ha scoperto l’omosessualità) .

Internet e i social network ci permettono di comunicare, in tempo reale, dove siamo, con chi, cosa stiamo facendo e molto altro.Ma bisogna tener conto del rovescio della medaglia. Raccontarci senza controllare chi può vedere e condividere ciò che abbiamo postato, può essere pericoloso; chiunque potrebbe riutilizzare i contenuti a nostro discapito.

In primo luogo i dati che noi inseriamo, le nostre preferenze e abitudini vengono utilizzate dalla maggior parte dei social network per creare dei profili pubblicitari, discorso che coinvolge anche social network che all’apparenza non lasciano spazio alle pubblicità, come nel caso di Twitter.

Passando oltre il discorso dei profili pubblicitari, dobbiamo ricordarci che oggigiorno ciò che scriviamo può avere ripercussioni anche a livello lavorativo: non a caso molte aziende prima di assumere un candidato controllano su internet i social network a lui associati. Infine una scarsa tutela della privacy può, in casi estremi, portare a conseguenze infelici, basti pensare ai fenomeni del cyberstalking e del cyberbullismo.

download“Dobbiamo alfabetizzare i bambini alla gestione dei propri dati personali” . Queste parole, dette da Andrew Keen in un’intervista pubblicata su metronews.it, richiamano l’attenzione su di un problema di grande attualità strettamente correlato al quello della privacy online: l’utilizzo dei social network da parte dei bambini.

Come riporta famiglienuovetecnologie.org, sono sempre di più i giovanissimi che aggiornano quotidianamente i propri account online, spesso senza però essere pienamente consapevoli di quello che stanno facendo e senza un adulto che faccia loro da guida.

Un utilizzo di questo tipo li mette in pericolo in quanto facilmente raggiungibili da pubblicità, persone o materiale non adatto a loro. Proprio riguardo a questo tema Path, l’ultima moda in fatto di social network, si è trovato di recente costretto a pagare una multa salatissima (800 mila dollari) per violazioni della privacy nei riguardi di utenti d’età inferiore ai 13 anni (come riporta webnews.it, l’app per iphone della piattaforma entrava nella rubrica dei piccoli utenti per cercare contatti mail senza il consenso dei genitori).

Usare i social network non è di per sè negativo, ma bisogna farlo consapevolmente. La nascita dei social network ci ha letteralmente travolto, ci siamo lasciati trasportare da quest’ondata di innovazione, entusiasti all’idea di conoscere e farci conoscere sul web, ma è venuto il momento di prendere coscienza di come questo può influenzare le nostre vite. Solo così potremo richiedere lo sviluppo di una normativa che ci tuteli adeguatamente ed educare le future generazioni al fine di evitare che vengano ripetuti gli stessi errori.

Autrice: Cristiana Traman